Leopoldo II Gran Duca di Toscana


Bella litografia dell'editore milanese Francesco Corbetta, raffigurante il Granduca di Toscana Leopoldo II (Firenze, 1797 - Roma, 1870), l'ultimo regnante de facto: secondogenito di Ferdinando III e di Luisa Maria Amalia di Borbone-Napoli, dopo la morte del fratello maggiore Francesco Leopoldo, divenne principe ereditario in pectore, nel 1800.
Viene ritratto nell'atto di mostrare lo "Statuto fondamentale", concesso il dì 15 febbraio 1848. Qui viene riportata la data del 17, cioè il giorno della solenne pubblicazione.

Dimensioni: 50x35,5 cm


"Io sono nato in Toscana. Partito fanciullo, vi tornai adulto per rendere felice il mio Popolo e per compiere tutti i doveri che incombono a tutti i Principi italiani": parole sue, pronunciate alla Deputazione Toscana il 5 settembre 1847.

Nel 1814 rientrò a Firenze dopo la prima abdicazione di Napoleone, e i fiorentini lo amarono subito per il suo stile informale e la modestia e lo soprannominarono "canapone" dal colore biondo chiaro dei suoi capelli. Pubblicò un'edizione delle poesie di Lorenzo il Magnifico da lui personalmente curata e fu insignito della nomina di Accademico della Crusca. Sposò Maria Anna Carolina di Sassonia, cui fu molto legato e dalla quale ebbe tre figlie.

La sua politica, mite e tollerante, poco incline alla censura, fece sì che la Toscana divenisse meta privilegiata dei letterati esuli del tempo, come Leopardi, Manzoni, Pepe, Tommaseo; a Firenze il circolo di Pietro Vieusseux a piazza Santa Trinita divenne punto di incontro cruciale con la cultura europea: unici nei, complici le pressioni austriache, la soppressione dell'Antologia di Vieusseux (1833) e dell'Indicatore Livornese chiuso nel '30 a un anno dalla sua inaugurazione, e la condanna del fondatore Francesco Domenico Guerrazzi a sei mesi di confino a Montepulciano (ove scriverà L'Assedio di Firenze).
 
Satire del tipo de "Il Re travicello" di Giuseppe Giusti (1841) non lo faranno arrabbiare più di tanto, ma saranno prese con ironia dal diretto interessato.

Nel '32 moriva la Granduchessa lasciandolo nello sconforto: per assicurare una successione maschile, sposò Maria Antonia di Borbone Sicilia e da lei ebbe il sospirato erede, Ferdinando.
Col suo beneplacito e tra le proteste austriache e pontificie, nel '39 e nel '41, si svolgevano i "Congressi degli scienziati italiani" e pochi anni dopo verranno inaugurate la Ferrovia Leopolda, che univa Firenze a Livorno, e la Maria Antonia, che collegava Firenze a Lucca.

Ma non mancheranno altri motivi per farsi amare dai fiorentini, come quando, in occasione della terribile alluvione del 3 novembre '44 aprirà agli sfollati le porte di Palazzo Pitti impegnandosi in prima persona nei soccorsi dentro e fuori il palazzo.

Nel '47 concesse la libertà di stampa e creò una Guardia Civica.

Nel '48 fu tra i primi sovrani a concedere la Costituzione, che stabiliva i medesimi diritti per tutti i cittadini, di qualunque religione.
Durante i moti arrivò a sostituire la bandiera lorenese con lo stemma granducale incentrato sul tricolore italiano.

Ma questo stato di cose non era destinato a durare: considerate le mire espansionistiche dei Savoia e i violenti tumulti livornesi che lo avevavo portato a licenziare il governo moderato di Gino Capponi per preferirgli quello democratico di Guerrazzi e Montanelli, il 30 gennaio '49 abbandonava Firenze per recarsi prima a Siena, poi a Porto Santo Stefano e infine a Gaeta.

La disfatta di Carlo Alberto a Novara portò i moderati toscani a rovesciare il governo Guerrazzi e a richiamare il Granduca che nelle loro aspettative doveva mantenere le riforme.

Invece, il generale austriaco Konstantin d'Aspre scese da Parma, saccheggiò Livorno e invase Firenze; pochi mesi dopo, Leopoldo II giunse a Viareggio in divisa austriaca e sotto scorta. I toscani non glielo perdoneranno. E le misure successive non faranno altro che alienargli sempre più la fiducia del suo popolo: l'abolizione dello Statuto e della Guardia Civica, il ripristino della pena di morte (un'onta per la Toscana che era stato il primo stato ad abolirla, con suo nonno, il Granduca Pietro Leopoldo).

Nell'aprile '59, nell'imminenza della guerra contro l'Austria, provò a dichiararsi neutrale ma il popolo voleva la guerra, così preferì lasciare, senza disposizione alcuna, Palazzo Pitti, Firenze e i fiorentini, che lo salutarono al grido di "Addio, babbo Leopoldo!"
L'abdicazione avvenne solo il 21 luglio, da Vienna; visse in Boemia, poi a Roma dove morì nel '70 a via delle tre cannelle: sepolto in SS.Apostoli, nel '14 fu traslato a Vienna e sepolto nella Cripta dei Cappuccini di proprietà della famiglia.